Il rancore a raccolta di Gabriele Polo

Oggi e domani si conclude una pessima tornata elettorale. Pessima e rivelatrice. Il baricentro del quadro politico si è radicalmente spostato a destra ed è lo specchio - per quanto «solo» istituzionale - di una società impaurita che, in grande maggioranza, propone «a chi di potere» lo scambio tra consenso e rassicurazione. Questo son state le elezioni del 13-14 aprile, una raccolta differenziata del rancore in cui tutte le paure della vita quotidiana si sono tradotte nell'incubo comune di una decadenza d'arginare, facendola pagare ai più deboli: ai pezzenti delle periferie, ai «mostri » in cui incarniamo le fobie dei nostri cervelli, alle culture ugualitarie incompatibili con l'ideologia dell'individuo che si fa strada facendo strame dei suoi simili (o che si rinchiude in comunità territoriali in guerra con tutto ciò che appare straniero). La sinistra, per un deficit «castale», non ha saputo rispondere a questi umori profondi, presumendo di sopravvivere come società politica separata e intangibile. E' stata cancellata dal quadro ufficiale e non è scontato che ne rientri a breve. Continua a vivere sparsa qua e là e da lì deve ripartire per ripensarsi. Oggi e domani si può reagire in tanti modi al terremoto avvenuto. Chiudersi in casa (per chi ne ha una confortevole), darsi alla letteratura (per i letterati), gettarsi in lotte intestine (per gli appassionati del capro espiatorio), arroccarsi nelle proprie casematte comunitarie (per chi gode ancora di un «luogo» praticabile), affidarsi a un comico in piazza (per gli amanti del genere). Una soluzione politica comune a portata di mano non è data, a sinistra. La si può solo costruire: contro gli sbocchi che la destra darà ai rancori sociali non basterà la testimonianza; di fronte all'alienazione di una società impaurita non servirà a nulla la propaganda. Battersi e capire sono due verbi difficili da conciliare,ma difficile è la realtà. Oggi e domani le elezioni per il Campidoglio potrebbero completare nefastamente questo panorama. Un sindaco fascista (questo sarebbe) non è un esito come un altro.Non tanto per le conseguenze sul quadro politico nazionale - a partire dal terremoto nel loft del Partito democratico -, quanto per il segnale storico che darebbe e per le conseguenze sulla vita quotidiana nella capitale: l'onda lunga di destra assumerebbe, ancor più di quanto oggi già sia, le caratteristiche di uno tsunami, le pulsioni cupe e violente che serpeggiano libere nelle relazioni tra gli individui troverebbero un riconoscimento istituzionale. Ogni ricostruzione a sinistra diventerebbe ancor più difficile, la stessa agibilità democratica verrebbe messa a rischio. Chi non lo comprende, vada pure almare, ma il consiglio (per il suo bene) è quello di non tornare.

Nessun commento: